La foresta dello spread
Una democrazia è una democrazia. Significa che il popolo decide. E se il popolo decide che si va a sbattere, signori: si va a sbattere! Un’altra cosa può essere migliore quanto si vuole, sulla carta, ma è un’altra cosa. Le cose hanno dei nomi apposta, così la gente può mettersi d’accordo. Se chiamiamo con lo stesso nome due cose diverse, nella migliore delle ipotesi non ci capiamo, in quella peggiore ci stanno fregando.
Quello che è successo negli ultimi mesi è quello che è successo all’amministratore delegato della Ingen in Jurassic Park II. Formalmente il capo della spedizione è lui, ma appena sceglie di fare il campo base sul sentiero di caccia dei grossi carnivori, il bracconiere (Pete Postlethwaite) gli toglie immediatamente il comando. La tecnica è semplice: prima ti porto in un posto nel quale tu hai un disperato bisogno di me, poi ti ricatto. O fai come dico io, o me ne vado e ti lascio qui a crepare. Non ho nessun bisogno di menarti: sarai tu stesso a implorarmi di non abbandonarti. Chi comanda? Chi decide? Concetti fumosi.
Economisti, banchieri e finanzieri ci hanno portati nella foresta dello spread e poi ci hanno candidamente chiesto se per caso volevamo stare nel loro gruppo o se invece, liberamente, in piena democrazia, preferivamo avventurarci da soli nella giungla. Con la cacca nei pantaloni, abbiamo democraticamente scelto di andare per i fatti nostri, ma rigorosamente nella loro stessa direzione.
Benvenuti al Jurassic Democracy Park.