Schedatura, controllo e business ecco la tessera del tifoso

 

La Gazzetta dello Sport di martedi 10 agosto 2010 sulle risse calcistiche nelle amichevoli estive, anche tra giocatori, si chiedeva già nel titolo se “La violenza vuol colpire la tessera del tifoso?” I creatori e i sostenitori della “tessera del tifoso” pensano che le passioni, il disordine, la disarmonia possano essere tranquillamente ridotti e governati da regole e norme. Il tifoso, secondo questi guardiani della morale pubblica, non solo deve stare composto, deve mostrarsi sereno pure quando la sua squadra sta perdendo, deve portare la famiglia allo stadio, deve applaudire, magari in piedi, gli avversari, adesso con l’introduzione della tessera deve anche far parte della categoria virtuosa dei “Tifosi Ufficiali”. Concretamente, la tessera dovrebbe progressivamente sostituire i biglietti cartacei e consentire una sorta di schedatura di massa di tutti coloro che partecipano da spettatori a un avvenimento sportivo. Oltre al controllo c’è ovviamente anche il business, visto che produzione e vendita alle società di calcio dei supporti delle tessere e dei relativi software di gestione rappresenta un affare da parecchie cifre. In un comunicato Telecom Italia, che offre il supporto tecnologico, spiega che la tessera «rappresenta lo strumento attraverso il quale la Lega Professionisti vuole promuovere la categoria dei tifosi ufficiali che aderiscono volontariamente ad un codice di comportamento etico». Nella stessa nota si ricorda però anche che «la tessera, che ha anche la funzione di carta di credito ricaricabile nel circuito Visa, consentirà al tifoso associato l’accesso allo stadio, previo acquisto dell’idoneo titolo, senza la necessità di portare con sé un biglietto cartaceo, e la fruizione di altri servizi forniti dalla società di calcio come biglietti premio, varchi privilegiati ed altre agevolazioni per le tifoserie». La direttiva della tessera obbligatoria arriva dopo una serie impressionante di proibizioni che in questi ultimi anni hanno riguardato soprattutto i giovani. Dal divieto del fumo a quello delle droghe leggere, dal drastico restringimento dell’orario di apertura dei locali notturni alla criminalizzazione del fenomeno dei rave illegali, dalla bocciatura per condotta fino all’ascesa del Calvario ogni volta che si vuole andare a vedere una partita allo stadio. La moderazione dei giovani ha sempre costruito la tomba dove giace la creatività. Poi però arrivano le sorprese: l’eccesso di alcool devasta sempre più i giovani, lo stupro è diventato un gioco di massa, la violenza contro i gay un passatempo quotidiano, la caccia all’immigrato uno sport nazionale. E come si giustificano di solito i colpevoli di questi reati? Confessando semplicemente che si annoiavano e allora per passare il tempo… D’altra parte, come riconquistare sentimenti, turbamenti, inquietudini in un mondo dal quale non si può fuggire perché non ne esiste un altro? Imprigionati in una società che vuole essere sana, in un universo che vuole essere perfetto, l’unica libertà concessa agli individui è la fuga in una interiorità anomala e mostruosa che alla prima occasione che le si presenta per tracimare non può che farlo in modo violento e devastante. E dove se non sulla strada? E così i severi amministratori dei nostri corpi, dei nostri stadi, delle nostre piazze, invece di capire, come avviene in tutti i paesi della civile Europa, che solo tollerando o legalizzando qualche eccesso lo si può controllare e soprattutto si allontana il rischio di trasgressioni ben più gravi, stringono ancora di più i freni della “normalità”, inchiodando i nostri giovani a un mondo monotono e senza tempo. Il cui succo del provvedimento è: statevene a casa, abbonatevi alla pay-tv che vi pare e amen.
Starsene a casa può essere una scelta o un obbligo. Qualche caso spicciolo: A) sono un turista straniero in visita a Roma. Posso acquistare un biglietto per il derby? No. B) sono un leccese residente a Torino. Posso acquistare un biglietto per Inter-Lecce? No. La vendita è riservata a chi vive nella provincia in cui si gioca. C) sono un onesto padre di famiglia, parlo il milanese meglio di Bossi e di suo figlio, io di figli ne ho due, posso portarli al derby? No, non si può acquistare più di un biglietto a persona. E poi continuano a dire che bisogna riportare le famiglie allo stadio. Ecco, nei tre casi mi sembra di vedere una limitazione alla libertà individuale. Detto in altri termini, e per puro comodo, immaginiamo di dividere i tifosi in bravi e cattivi. I cattivi identificati, in teoria, sono già soggetti a Daspo, quindi schedati e controllati ma la tessera non sarà concessa neanche a coloro che hanno già scontato la diffida del Daspo. Cioè, si può vietare l’ingresso in una struttura pubblica, come lo sono gli stadi italiani, a qualcuno solo perché sospettato di essere potenzialmente pericoloso. Insomma, una misura punitiva per tutta la vita. Ma che bisogno c’è di schedare tutti? Questo è il punto. Vorrei che qualcuno mi spiegasse perché un cittadino incensurato, senza precedenti specifici, non è libero di muoversi nel suo paese e di andare allo stadio pagando un biglietto e basta, come si fa nel resto del mondo. Si colpiscono i diritti di una stragrande maggioranza per limitare gli eventuali danni di un’esigua minoranza. Se la libertà di movimento passa per una schedatura c’è per caso un costituzionalista che ha qualcosa da dire?

Italo Di Sabato – responsabile naz.le Osservatorio sulla Repressione

Schedatura, controllo e business ecco la tessera del tifosoultima modifica: 2010-08-24T19:25:00+02:00da paoloteruzzi
Reposta per primo quest’articolo