Una lettera agli insegnanti per spiegare il dissenso alla norma prevista dall’Accordo di integrazione inserita nel Pacchetto sicurezza: “Lo Stato si deresponsabilizza, riducendo le risorse per la mediazione culturale, ma poi obbliga i lavoratori a seguire i corsi e raggiungere un certo livello pena la perdita del permesso di soggiorno”.
Chi sa la lingua resta in Italia; chi non è riuscito a impararla, perde il permesso di soggiorno e torna clandestino. E’ la rigida norma prevista dall’Accordo di integrazione inserito all’interno del Pacchetto sicurezza e di cui è in corso l’iter di approvazione. Contro questa asticella linguistica che divide gli stranieri si scaglia la rete delle scuole italiane per migranti di Bologna, che non esita a definirlo un modello “fallimentare”. Mille allievi ogni anno nelle sei scuole, che presto dovranno davvero mettersi sotto con libri e dizionario: dovranno raggiungere un livello equivalente al tosto esame del Toefl, per l’inglese. Chi viene seriamente penalizzato è chi non ha una scolarizzazione nel paese d’origine.
Le sei scuole hanno scritto una lettera ai loro insegnanti per spiegare il loro dissenso: questa norma non tiene conto delle variabili: le differenze di genere, i livelli di scolarizzazione, e soprattutto “le condizioni di lavoro, che spesso rendono impossibile per i migranti svolgere altre attività fuori da quelle lavorative”. E mentre pone la conoscenza dell’italiano come un vincolo per gli stranieri, lo Stato non fa niente per metterli in condizione di apprendere la “nuova” lingua: “Di fatto lo Stato si deresponsabilizza rispetto ai suoi doveri di assicurare le condizioni indispensabili affinché tutti i migranti possano raggiungere standard soddisfacenti di qualità della vita- continua la lettera delle scuole di italiano per migranti- basta pensare alla costante riduzione, verso l’azzeramento, di ogni risorsa utile all’alfabetizzazione ed alla mediazione linguistica e culturale”.<span> </span>Chi sa la lingua resta in Italia; chi non è riuscito a impararla, perde il permesso di soggiorno e torna clandestino. E’ la rigida norma prevista dall’Accordo di integrazione inserito all’interno del Pacchetto sicurezza e di cui è in corso l’iter di approvazione. Contro questa asticella linguistica che divide gli stranieri si scaglia la rete delle scuole italiane per migranti di Bologna, che non esita a definirlo un modello “fallimentare”. Mille allievi ogni anno nelle sei scuole, che presto dovranno davvero mettersi sotto con libri e dizionario: dovranno raggiungere un livello equivalente al tosto esame del Toefl, per l’inglese. Chi viene seriamente penalizzato è chi non ha una scolarizzazione nel paese d’origine. Le sei scuole hanno scritto una lettera ai loro insegnanti per spiegare il loro dissenso: questa norma non tiene conto delle variabili: le differenze di genere, i livelli di scolarizzazione, e soprattutto “le condizioni di lavoro, che spesso rendono impossibile per i migranti svolgere altre attività fuori da quelle lavorative”. E mentre pone la conoscenza dell’italiano come un vincolo per gli stranieri, lo Stato non fa niente per metterli in condizione di apprendere la “nuova” lingua: “Di fatto lo Stato si deresponsabilizza rispetto ai suoi doveri di assicurare le condizioni indispensabili affinché tutti i migranti possano raggiungere standard soddisfacenti di qualità della vita- continua la lettera delle scuole di italiano per migranti- basta pensare alla costante riduzione, verso l’azzeramento, di ogni risorsa utile all’alfabetizzazione ed alla mediazione linguistica e culturale”.
Fonte: Dire
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