Italia, il No Tav finito al 41/bis
Solo in prigione, senza possibilità di avere il benché minimo rapporto con l’esterno né di andare a prendere una boccata d’aria come gli altri detenuti. Questo è il 41/bis, un tipo di regime carcerario particolarmente restrittivo che in Italia viene riservato a mafiosi e terroristi.
Giorgio Rossetto è un attivista No Tav finito in manette il 26 gennaio scorso, nell’ambito del blitz fortemente voluto dal pm torinese Giancarlo Caselli, che da due mesi è sottoposto al 41/bis nel carcere di Salluzzo. Trattato come un mafioso e ancora in attesa di giudizio, l’uomo attende il suo destino trascorrendo persino la sua ora d’aria in un cunicolo, e non all’aperto. Perché? Per il sovraffollamento, per lui tra i detenuti comuni proprio non c’è spazio e così, invece di trovargli un’altra sistemazione adeguata, invece di trasferirlo in un altro carcere, invece di fare qualsiasi altra cosa, la soluzione individuata è stata quella di metterlo in isolamento.
“Il sovraffollamento determina situazioni del tutto anormali – ha spiegato Eleonora Artesio della Federazione della Sinistra- come quella di Rossetto, ovvero di persone in attesa di giudizio che si trovano rinchiuse nel settore di massima sorveglianza, con limitazioni sulle ore di socialità. Inoltre, chi è in attesa di giudizio non può partecipare alle attività di laboratorio. E diversi detenuti hanno ribadito il problema di non poter ottenere in tempi ragionevoli delle visite mediche specialistiche”.