Jacques Attali su Mario Monti

Jacques Attali su Mario Monti: “sapevo che sapeva in tre campi fondamentali: le istituzioni europee, le regole della concorrenza e la governance pubblica. Bene: Monti mi ha conquistato. Intanto perché si è impegnato moltissimo nei lavori. E poi perché anche sui soggetti in cui non eravamo d’accordo, i suoi argomenti erano sempre forti. E talvolta mi hanno fatto cambiare idea”

 
 
 

Jacques Attali: l’unica via
di uscita è attivare
il controllo europeo
sui conti pubblici

ALBERTO MATTIOLI
CORRISPONDENTE DA PARIGI

 

Monti è davvero superMario? Jacques Attali ne è convinto. Ed è un’opinione che pesa. Attali non è solo la star degli economisti francesi, ma anche il presidente di quella Commissione per liberare la crescita, a tutti nota come Commissione Attali, nella quale arruolò anche il collega Monti. Il progetto, ambizioso e molto francese, era quello di chiedere a un gruppo di cervelli di dare alla politica quel che alla politica più manca: le idee.

Professor Attali, perché proprio Monti?
«Non lo conoscevo di persona. Ma sapevo che sapeva in tre campi fondamentali: le istituzioni europee, le regole della concorrenza e la governance pubblica. Bene: Monti mi ha conquistato. Intanto perché si è impegnato moltissimo nei lavori. E poi perché anche sui soggetti in cui non eravamo d’accordo, i suoi argomenti erano sempre forti. E talvolta mi hanno fatto cambiare idea».

Per esempio?
«Per esempio, mi ha convinto a mettere l’accento sulla necessità dell’indipendenza dell’Alta autorità sulla concorrenza rispetto al potere politico. Per me, Monti è nella top ten delle grandi personalità internazionali per statura intellettuale, distacco dagli interessi personali e senso del compromesso. Cui aggiungerei anche quello dello humour».

Non è che Monti sia celebre come battutista.
«Si vede che non lo conosce. Ha un senso dell’ironia formidabile, molto inglese».

Torniamo in Francia. E’ difficile capire in cosa consista la differenza fra il programma economico della destra e quello della sinistra.
«Per forza, non ci sono! La destra non ha ancora ufficialmente il candidato, la sinistra sì, però è appena stato scelto. Ma poi come si possono fare programmi quando la crisi sembra fuori controllo? In primavera, il futuro Presidente potrebbe trovarsi davanti a uno scenario con le banche francesi fallite e l’euro imploso. E magari la scelta se cercare di stare attaccati a un nuovo euro forte con la Germania o a un euro debole con l’Italia e gli altri».

Ha fatto scalpore una sua recente intervista dove lei sosteneva che Parigi sbaglia ad accanirsi a difendere una tripla A che in pratica ha già perso…
«Perché non prendere atto della realtà? Il problema, per la Francia, non è quello di difendere la tripla A, ma di riconquistarla. Ma è tutta l’Europa che adesso deve fare delle scelte coraggiose. Compresa la Germania, che è molto più malata di quel che crede».

Non è più la prima della classe?
«Ha un debito enorme, ben più pesante di quello spagnolo. E con l’aggravante di una demografia difficile, per cui si saranno sempre meno tedeschi per onorarlo».

Cosa deve fare l’Europa per evitare il tracollo?
«Tre cose. Prima: puntare sulla Bce. La Banca deve continuare a fare quel che sta facendo, cioè sostenere i titoli di Stato dei Paesi membri. I mercati speculano perché scommettono che la Bce non interverrà: ma se la Bce dichiarerà che continuerà a intervenire finché ce ne sarà bisogno, la speculazione verrà fermata. E poi ricordo che nei trattati europei è scritto che la Bce non deve solo lottare contro un’ipotetica inflazione, ma anche per la crescita e l’occupazione».

Ed eccoci al secondo punto.
«Gli eurobonds sono lo strumento giusto per finanziare la crescita. L’Unione europea, a differenza dei Paesi che la compongono, non ha debiti. Se emettesse delle obbligazioni europee, i mercati le apprezzerebbero. Certo, il corollario è il punto tre».

Cioè?
«Il federalismo budgetario. E’ chiaro che la sorveglianza sui bilancio nazionale dev’essere fatta a livello europeo. Con un obiettivo molto semplice: ognuno rispetti le regole di Maastricht. Aggiungo che tutto questo va fatto presto».

Quanto presto?
«Diciamo entro la fine dell’anno. Poi l’euro esploderà e sarà il caos. Per tutti».

Il suo piano presuppone una volontà politica che non c’è.
«Peggio. Mi sembra di rivivere uno di quegli anni terribili del Novecento, come il 1914, il ‘29 o il ‘38, in cui la politica europea ha fatto le scelte peggiori».

Insomma, lei è pessimista.
«Io sono realista. E poi l’ottimismo o il pessimismo sono atteggiamenti da spettatore, anzi da tifoso. Il giocatore, e noi europei siamo tutti giocatori, non è né ottimista né pessimista: cerca solo di vincere la partita».

Non lo scrive mai nessuno, ma lei fa anche il direttore d’orchestra. Se la crisi fosse un brano musicale, quale sarebbe?

«L’ouverture della Forza del destino di Verdi. Ha la stessa forza e lo stesso ritmo incalzante. Apparentemente inarrestabile».

da “Un mese e mezzo di tempo per salvare l’euro dal crac”- LASTAMPA.it.

 


grazie

Jacques Attali su Mario Montiultima modifica: 2011-11-20T22:11:37+01:00da paoloteruzzi
Reposta per primo quest’articolo