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E la Camera diventa un bunker

 
 
 

La coperta delle istituzioni è sempre più corta e piena di strappi. Lo choc seguito al voto di martedì, che ha visto la maggioranza battuta al momento del voto sull’articolo 1 del rendiconto dello Stato, ha provocato ulteriori disagi e manovre all’interno della maggioranza, e la scelta aventiniana, oggi, dell’opposizione, che diserta il dibattito sulla fiducia aperto dall’intervento alla Camera di Silvio Berlusconi. Ovviamente i giornali dedicano molte pagine alle cronache politiche.

“Napolitano chiede risposte credibili” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA. L’editoriale è affidato al costituzionalista Michele Ainis: “Chirurgia plastica”. Scrive Ainis: “Domanda: ma spetta al governo Berlusconi quest’opera di sartoria istituzionale? Costituzione alla mano (articolo 94), un infortunio parlamentare non comporta l’obbligo delle dimissioni; la crisi di governo è doverosa unicamente dopo un voto di sfiducia. Sennonché la legge di bilancio tocca al cuore il rapporto fiduciario. Se viene respinta, significa che le Camere disapprovano l’indirizzo politico dell’esecutivo. Anche quando respingono il rendiconto consuntivo, certo. Perché in tale circostanza è come se gli imputassero d’aver tradito gli accordi contenuti nel bilancio di previsione approvato l’anno prima. O peggio ancora, d’aver proposto dati falsi. Insomma, per il governo l’«incidente tecnico» equivale a una verginità perduta. C’è un’unica via per superare l’incidente: cucinando le riforme che servono al Paese, mostrando una rinnovata compattezza, al di là dei voti di fiducia sventolati come bandierine”. Servizi e commenti fino a pagina 13. Scegliamo solo qualche approfondimento. Sempre in prima parte il commento di Antonio Polito che prosegue a pagina 48. Eccone un passaggio a proposito della scelta dell’opposizione di disertare l’aula, per rientrare solo domani, al momento del voto: “di tutti i mezzi leciti, quello di disertare il pasoliniano Palazzo è certamente il più ammiccante all’antipolitica dilagante, perché sembra voler trasferire la lotta politica in un luogo diverso da quello deputato all’esercizio della democrazia. Un’aula vuota allude sempre a un seggio elettorale vuoto, sa di astensione più che di impegno. E poi dura lo spazio di un mattino, perché il giorno dopo saranno giustamente tutti di nuovo lì a votare la sfiducia al governo. L’opposizione ha tutte le ragioni di protestare contro la paralisi delle istituzioni. È ormai evidente che la maggioranza è tale solo quando si tratta di ibernarsi con i voti di fiducia, ma per il resto è desaparecida. Basti pensare che, nel disinteresse generale, il decreto sulla missione in Libia è ormai scaduto da dodici giorni e non si rinnova per non litigare con la Lega. Neanche le leggi più care al premier, come le intercettazioni, riescono ormai a farsi strada nel Vietnam parlamentare. Tra pochi giorni il Governatore se ne andrà e non c’è ancora il suo sostituto alla Banca d’Italia. Però da questo grande e pericoloso caos gli italiani si aspettano che emerga qualcuno o qualcosa che sia in grado di raccogliere i cocci e rimetterli insieme, un’opposizione che funzioni come governo in waiting, pronta cioè a sistemare le cose, a partire proprio dal pasticcio del bilancio dello Stato che va risolto, perché il danno che provoca al Paese è maggiore di quello che provoca all’avversario politico”. Marzio Breda a pagina 2 analizza la preoccupazione di Napolitano: “La fiducia da sola non basta. Non più. Un voto parlamentare di sostegno (e in questa legislatura se ne sono succeduti molti) non è l’alfa e l’omega, il principio e la fine della vita di un governo secondo il principio della circolarità fissato dall’Apocalisse di san Giovanni. Ci vuole altro, oltre ai numeri — condizione necessaria, ma ormai non più sufficiente —, dopo quello che è accaduto martedì. Bisogna cioè dare prova che si è in grado di «operare con la costante coesione necessaria per garantire adempimenti imprescindibili e soluzioni adeguate per i problemi più urgenti del Paese». Serve insomma che il premier e le Camere spieghino se possono davvero andare avanti, e lo dimostrino offrendo «una risposta credibile» agli italiani”. Massimo Franco a pagina 5: “L’incognita è se la situazione si trascinerà fino a dicembre, portando allo scioglimento delle Camere con l’attuale premier ancora a Palazzo Chigi; o se le cose precipiteranno in modo imprevisto come due giorni fa. La dichiarazione fatta ieri dal capo dello Stato fotografa questa incertezza, rimandando a Berlusconi e al Parlamento il compito di chiarirla. Con cautela e insieme nettezza, Napolitano ha chiesto «una risposta credibile» ai soggetti che «ne sono costituzionalmente responsabili». Sono loro, e in primis Berlusconi, a dover dimostrare che esiste ancora la coalizione; e che le Camere sono in grado di legiferare «con la costante coesione necessaria»”. In questo quadro diventa importante perfino sapere che cosa pensa Scajola: titolo a tutta pagina 8 “«Silvio, ora serve discontinuità» Ma Scajola giura: niente strappi”.

“Napolitano-Berlusconi, è gelo”: il cavaliere in difficoltà oggi si presenta in Aula. LA REPUBBLICA però richiama nel sommario la posizione del Quirinale: “tocca al premier risolvere la crisi”. All’interno molti servizi sui difficili momenti della Repubblica: «il problema è se la maggioranza è ancora in grado di operare con coesione» ha detto Napolitano. Una richiesta saggia cui le opposizioni rispondono con un no secco chiedendo un passo indietro. Il premier «ne farà tre avanti: su decreto sviluppo, riforma fiscale e riforma istituzionale», risponde Angelino Alfano, con un certo coraggio… In realtà è una leadership zoppa: ieri anche il governatore Draghi è intervenuto («la salvezza e il rilancio dell’economia possono venire solo dagli italiani. Sarebbe una tragica illusione pensare che interventi risolutori possano venire da fuori») e, secondo Francesco Bei, non ci crede più nemmeno il premier. Semplicemente chiede ai suoi: «dobbiamo reggere fino a Natale, aiutatemi a resistere». Una prospettiva chissà quanto utile al Paese. Comunque anche per i suoi oppositori interni, vedi Scajola, è probabile che al fiducia ci sarà: l’ex ministro allo Sviluppo economico intende votarla per poi smarcarsi in un secondo momento (intanto però conta i suoi sostenitori; l’ipotesi, ha spiegato Scajola ai suoi, è creare «una componente strutturata che tratti sui singoli temi, che abbia una propria autonomia», insomma un’altra cordata di responsabili). Comunque oggi il premier parla in un Parlamento abbandonato dalle opposizioni. Rientreranno solo per votare la sfiducia. Sul fronte Lega, Bossi conferma l’abbraccio con Berlusconi (ma pare che Maroni non sia convinto che il governo possa durare e prevede il voto nel 2012). Durissimi i commenti di Massimo Riva (“Il paese paralizzato”) e di Claudio Tito (“Lo strappo alle regole e la lezione del Colle”).

Sette pagine, è quanto dedica IL GIORNALE dedica alle difficoltà del governo, dopo il voto negativo sul rendiconto generale alla Camera. “Basta con i giochetti”  è il titolo dell’apertura, con un editoriale di Vittorio Feltri. Un ritratto della situazione del Paese e della crisi economica e finanziaria. Il voto della Camera come “errore tecnico” e un Italia che per chi scrive “nonostante i segnali di sputtanamento da segni di risveglio”, prospettive positive per il futuro “che sia la caduta del governo e un eventuale governo tecnico che una consultazione elettorale ostacolerebbero”. Per chi scrive la speranza è che “Berlusconi metta una pezza allo sbrego e prosegua nel suo lavoro, augurandogli che sia proficuo”. Una pezza a cui però deve seguire “chiarezza”, “lealtà e collaborazione col premier”. E infine un attacco a chi come Scajola e Pisanu “dinanzi al pericolo di un vuoto, trami per favorirlo” a cui chi scrive rivolge una domanda retorica “vi sembra il momento di brigare nella bassa bottega della politica?”. A pag. 2 si racconta il comportamento di Napolitano “Il Colle frena il Golpe – premier indichi la soluzione” con un presidente della Repubblica “preoccupato” ma che non “intende forzare la mano” dando “palla a Silvio Berlusconi”. Una situazione che per chi scrive “però non significa che Berlusconi sia già riuscito a raddrizzare la baracca e nemmeno che la non belligeranza con il Colle non durerà in eterno”. Nel taglio basso l’appello di Mario Draghi alla coesione e al salvataggio fai da te (“Ultimatum di Draghi all’Italia Coesione, basta fazioni”.) A pag. 4 poi attacco al presidente della Camera Fini e alle opposizioni.  “Fini fa collezione di fiaschi. E l’opposizione diserta l’aula”, in cui si raccontano i passi e i dietrofront del leader di Futuro e Libertà per l’Italia nella giornata di ieri e il fallimento che sembra “quasi una riedizione del 14 dicembre 2011”.  A pag. 5 invece si parla del secondo incontro tra Berlusconi e Scajola, in cui l’ex ministro ribadisce che lui e i suoi frondisti voteranno al fiducia ma che dopo chiederanno discontinuità, rappresentata da un allargamento a Fli e un restyling del governo, che dovrebbe toccare i dicasteri economici.(“Scajola vota la fiducia. Poi discontinuità). «Berlusconi dia risposte credibili» è il titolo di prima pagina del SOLE, che ovviamente scatena i suoi commentatori politici, soprattutto Stefano Folli. Il suo tradizionale “Punto” sottolinea che il premier «avrebbe fatto meglio a salire le scale del Quirinale»; comunque, visto che voto di fiducia dev’essere, il passaggio è «il più importante» della legislatura, e si svolgerà ad aula semivuota e quindi con un sapore di «fine regno». Basterà la fiducia?, si chiede Folli: sul piano politico no, perché la maggioranza «è sfiancata e inerte», quindi si va verso un rischio terribile, secondo Folli, cioè quello della fiducia incassata sì, ma in vista di altri voti di fiducia che servono solo a tirare avanti in un «declino inarrestabile». Guido Gentili, sempre in prima pagina, parla invece di un Paese «che merita maggior rispetto», cioè un governo più «efficace e credibile», e il voto di fiducia di oggi sarà inutile se non «corroborato da una scelta politica trasparente, inequivoca e puntuale sul da farsi nei prossimi giorni». Inoltre, conclude Gentili, l’Italia non andrà da nessuna parte se non troverà una «concordia di fondo» uguale a quella che si trovò negli anni bui del terrorismo.

Le occasioni per fare le riforme il governo le ha avute e le ha sprecate. La sensazione è che il governo voglia tiare a campare. Sono le conclusioni dell’editoriale su ITALIA OGGI di Massimo Tosi “Il cerino adesso è in mano a Berlusconi”. Incentrato sugli scenari futuri è il pezzo “Silvio parla, l’opposizione se ne va”. Mentre 244 onorevoli eletti per la prima volta vogliono arrivare alla fine della legislatura per non perdere il vitalizio, Montezemolo, forte di un sondaggio da lui commissionato secondo il quale «eroderebbe un terzo degli elettori al partito di via dell’Umiltà» premerebbe per le elezioni anticipate come anche una parte della Lega. Il premier invece, si presenterebbe alle prossime elezioni con una lista personale: Forza Silvio.

 “L’opposizione non c’è” strilla l’apertura della prima pagina de IL MANIFESTO che al tema dedica poi le prime due pagine interne richiamate in prima da un lungo sommario e da tre strilli: “È Aventino, o quasi. Oggi Pd, Idv e Terzo Polo non entrano nell’aula di Montecitorio per sciropparsi il discorso con il quale Berlusconi chiede la fiducia numero 51. È la prima iniziativa comune. Ma domani parteciperanno al voto finale. Napolitano concede un’ultima chance al cavaliere: non bastano i numeri, dimostri di poter governare. Bersani: è una farsa, l’unica strada sono le dimissioni. E invece si avvicinano le elezioni nel 2012”. Fulminante, come al solito, la vignetta di Vauro che disegna un Berlusconi dalla faccia contrariata che dà le spalle a una fossa, titolo: “Silvio tutto il paese te lo chiede” e nella nuvola le parole “Fai un passo indietro!”. “Lui parla da solo” titola sinteticamente l’apertura di pagina 2, mentre in un grande box (occhiello: “Camera ardente”) si punta a: “Piccoli malpancisti crescono La fiducia non è una garanzia”. Si legge: «(…) L’incidente di martedì sembra aver aperto una strada senza ritorno per l’attuale governo e ovviamente Berlusconi lo sa. Ma non per questo un suo passo indietro è prossimo. Oggi dirà di voler tirare dritto  perché ha i numeri e anche tanti bei progetti, dall’imminente decreto sviluppo (…) alle sempre annunciate riforme, quelle istituzionali e quella fiscale. Tanti sogni che probabilmente resteranno nel cassetto», la conclusione: «(…) Se agli scajoliani in fermento si aggiungono una manciata di responsabili, una spruzzata di Cristiano popolari e i sei insofferenti di Gianfranco Miccichè, la situazione nel parlamento appare a dir poco critica. E fuori al Cavaliere non va certo meglio. Si capisce dunque che se Silvio Berlusconi oggi pronuncerà il solito “io vado avanti”, il primo a non poterci credere dovrebbe essere proprio lui».
 
AVVENIRE apre col titolo “Berlusconi in aula. Le opposizioni no”. «Gianfranco Fini le chiama “ore turbolente per la politica”, ma la situazione che si crea nel corso dell’interminabile giornata di ieri è piuttosto grottesca, specie perché priva di quei precedenti che in politica aiutano spesso a dipanare le matasse. Il presidente della Camera cerca di sbrogliare i nodi creati dalla bocciatura di martedì del primo articolo del rendiconto generale dello Stato. Per parte loro, le opposizioni lavorano per sfruttare al meglio lo scivolone del governo e della maggioranza, per renderlo definitivo. E tra la girandola di vertici e incontri, il numero uno di Montecitorio – fortemente contestato da Pdl e Lega che lo accusano di comportarsi da leader di partito più che super partes come si conviene al suo ruolo istituzionale – in aula annuncia che la questione passerà al Colle, dove di lì a poco incontra il capo dello Stato Giorgio Napolitano». All’interno Giovanni Grasso firma “Spetta al premier trovare una soluzione”. Sono state queste le parole di Napolitano in risposta alle pressioni di Gianfranco Fini e delle opposizioni di fronte che gli chiedevano di redimere la contesa sul voto di fiducia. Di Eugenio Fatigante invece “E oggi il Consiglio dei ministri riscriverà il ddl sul rendiconto”. «Per uscire dalla mega-matassa in cui è rimasto avviluppato, il governo ripartirà da zero. Dopo una battagliata riunione della Giunta per il regolamento di Montecitorio e una fitta rete di contatti intercorsi per tutto il giorno, la decisione finale è arrivata a sera: nel Consiglio dei ministri di stamani, convocato prima delle dichiarazioni che Berlusconi farà alle 11 alla Camera, sarà approvato un nuovo disegno di legge sul rendiconto generale dello Stato per il 2010. I dettagli sono stata spiegati da Ignazio La Russa: sarà cambiato l’articolo 1 respinto martedì, ha precisato il ministro della Difesa e coordinatore del Pdl, mentre gli altri articoli rimarranno uguali». In basso un articolo interessante “I costituzionalisti: è un autentico pasticcio”. In cui si sottolinea come la vicenda sia diventata un rompicapo anche per gli esperti.  Gianni Santamaria firma “Farsa da non avallare, lasciamolo solo. Replica il Pdl: l’Aventino atto gravissimo”. «Alla fine le opposizioni hanno deciso come affrontare insieme lo scenario inedito che si è aperto con la bocciatura del rendiconto. E hanno assunto una posizione che non si presta a equivoci: oggi non ascolteranno il premier, non parteciperanno al dibattito e domani – per “rispetto alle istituzioni repubblicane” – voteranno la sfiducia. Non sarà l’Aventino di cui si è parlato per tutta la giornata. Ma uscire dall’aula per non sentire il premier è un gesto forte. Ancor più dello scontato “no” alla fiducia».

Sette pagine di politica, sulla STAMPA, sotto il fil rouge del «pressing del Colle», del «balletto di viltà politica» che Berlusconi, secondo la definizione del commento di Luigi La Spina, si appresta a fare e della caustica «nota politica» della Jena: «si sta come d’autunno sugli alberi le foglie». La bocciatura del rendiconto dello Stato non ha precedenti (i costituzionalisti già si accapigliano sulle vie tecniche di uscita) e il presidente Napolitano lo ha sottolineato con quella sua richiesta di una «risposta credibile»: il messaggio di Napolitano – spiega La Spina – ha chiesto al Governo «di non limitarsi a esibire una maggioranza numerica alla Camera, ma a dimostrare di essere in grado di fornire risposte credibili alle esigenze del Paese». Non basta il voto di fiducia, spiega LA STAMPA, e nemmeno (come pare intenzionato a fare Berlusconi) riscrivere l’articolo bocciato e riportare il tutto in Consiglio dei Ministri, ma per LA STAMPA «la bocciatura del Rendiconto è quasi insuperabile dal punto di vista regolamentare», «un imbroglio» che ha un’unica soluzione: «sarebbe bastato che Berlusconi salisse al Colle per rassegnare le dimissioni». Il Cavaliere invece è ottimista e nel suo discorso alla Camera per metà deserta («il punto più basso della legislatura», per Marcello Sorgi) dirà che la caduta sul rendiconto di bilancio è stata un incidente e che l’esecutivo è in grado di governare. Nessun passo indietro, «per non creare il panico tra i suoi parlamentari», ma l’idea è quella di arrivare a gennaio e poi aprire le danze per le elezioni anticipate nel 2012, lasciando ad altri la premiership e magari con le primarie. Nel pezzo di retroscena e colore, Mattia Feltri racconta dei deputati Pdl (Carfagna Farina, Biancofiore e Castelli, tra gli altri) che martedì sera sono andati a pregare la Madonna di Medjugorie, mentre Manuela Repetti ha brutalmente dichiarato che per la fiducia di domani «dobbiamo correre dietro ai dementi, ai distratti e forse anche ai furbetti. Un lavoro immane». 
 
E inoltre sui giornali di oggi:

INDIGNATI
LA REPUBBLICA – Doppia pagina sull’assedio a Bankitalia dei giovani indignados (ribattezzati italianamente incazzados). È avvenuto a Bologna (ma ci sono tende anche in via Nazionale, nella capitale). Sabato una manifestazione nazionale a Roma (per la quale si prevede di blindare la zona rossa). La parola d’ordine è «non ci accolliamo la crisi». «Vogliamo i bond europei e non vogliamo uscire dall’euro, ma siamo riottosi ad accollarci una crisi creata dai ceti dirigenti mondiali. Lo gridiamo per le strade da un anno e ora vediamo che non siamo più soli», dice l’indignato Francesco Raparelli.

IL MANIFESTO – Sommando le pagine dedicate agli indignati italiani e al movimento parallelo statunitense sono ben quattro le pagine che IL MANIFESTO dedica alle manifestazioni in corso un po’ ovunque. Si inizia con l’Italia (alle pagine 4 e 5) dove gli articoli sulle iniziative degli indignatos italiano fanno da corona all’apertura dedicata al piano per le banche del presidente della Commissione Ue Barroso. Si passa da Napoli con “Studenti e precari bloccano la Bnl e dicono «Eat the rich»” come recita l’occhiello dell’articolo “La protesta dei «draghi ribelli» blitz con vino e spaghettata all’aperto” per arrivare a Bologna “No ai diktat della Bce, nel nome di Santa Insolvenza”. E infine, a Roma con le tende che arrivano in via Nazionale “«Yes, we camp» il titolo, nell’articolo si osserva: «(…) Di certo del movimento nato in Spagna e che poi si è diffuso in Cile, a Tel Aviv e a New York ne hanno sposato le caratteristiche, dal modo di comunicare attraverso i social network, alla scelta di lasciarsi alle spalle vecchi steccati politici (…)» e si guarda alla manifestazione di sabato 15 a Roma. Due anche le pagine su “Occupy Wall Street”, la 6 e la 7, nella quali si ricostruire il movimento statunitense che afferma “«I media siamo noi». Con Internet e video, un esempio di citizen journalism”. Un lungo articolo racconta “Come cresce e si organizza il movimento. Tutto è iniziato dall’appello della rivista «Adbusters». Poi la protesta davanti alla Borsa di New York, la repressione della polizia, l’occupazione del parco”. A pagina 7, invece , un altro lungo articolo dell’economista Robert Reich, già ministro del lavoro durante la prima presidenza Clinton, analizza la situazione osservando che “difficilmente la protesta diventerà la spina nel fianco dei democratici”: “Non saranno come i Tea Party” sentenzia infatti il titolo. 

MENDICANTI
IL GIORNALE – Pag 2-3 della Cronaca Milano, articolo dal titolo “Città più accogliente. E il Comune lancia l’sos mendicanti” accanto a un pezzo sulla decisone di Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e Coesione sociale di coinvolgere a partire dalla prossima nella gestione di alcune aree verdi consolati e associazioni straniere “Un parco per nazionalità. E l’assessore s’inventa il verde solo per stranieri”.

COOP ROSSE
Il SOLE24ORE – Seconda puntata dedicata ai conti delle Regioni, la Liguria, il Sole affonda il coltello sulla «corsia preferenziale» che in questa regione avrebbero le coop rosse. Un’inchiesta dai toni veramente durissimi. Dopo aver delineato un contesto «fermo agli anni ’70» – invecchiamento della popolazione, opere pubbliche ferme, infrastrutture al collasso, emigrazione di giovani, spesa sanitaria alle stelle – Mariano Maugeri e Giuseppe Oddo parlano del governo regionale, in mano a «una sinistra che invoca le riforme la resta consociativa nel profondo, prigioniera di un’idea di sviluppo fondata ancora oggi sul primato del pubblico». Ma non basta: ecco l’attacco frontale alle coop rosse, che in Liguria è «l’unico privato che non conosce crisi»: i maggiori lavori di riqualificazione e costruzione sono affidati a loro, che «godono di corsie preferenziali negli iter autorizzativi e acquistano aree industriali dismesse», e «si servono del loro potere economico per far breccia nella finanza». Risultato? «Spartizioni, lottizzazioni e giochi di potere non giovano ai conti regionali», soprattutto della sanità, perennemente in rosso. «E la Regione?» si chiede ancora il SOLE. «Guarda, media, litiga ma non decide».

PROTEZIONE CIVILE
ITALIA OGGI – Buone notizie per la Protezione Civile. La presidenza del consiglio dei ministri aumenta l’indennità per festivi, domenicali e notturni del 100%. L’indennità spetta personale degli uffici del dipartimento della protezione civile. Impegnato nel sistema di allertamento nazionale e nel  centro di coordinamento nazionale. Il pezzo “In tempo di crisi, raddoppiare le indennità alla Protezione Civile” è pagina 2. 

 
 
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rassegna stampa vita online (idignati,mendicanti, coop rosse, protezione civile, governo)ultima modifica: 2011-10-13T13:46:09+02:00da paoloteruzzi
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